Articoli Scientifici
Ecografia versus TC toracica in Covid 19
Ecografia toracica versus Tc polmonare nel Covid
Utilizzo della metodica ecografica nei pronto soccorso e nei controlli post-Covid.
Revisione della letteratura ed esperienza personale.
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Dr.Angelo Manciocchi
Specialista in Chirurgia Vascolare
Ecografista iscritto alla Società Italiana Ultrasonografia Medico Biologica (SIUMB)
Razionale
L’ecografia polmonare negli ultimi tempi è diventata di uso frequente nella pratica clinica per la
diagnostica differenziale della dispnea acuta in Pronto Soccorso, tuttavia ha avuto un notevole
riscontro anche nel controllo post Covid-19.
In particolare dopo l’esplosione della pandemia da SarsCov2, che ha condotto a forme di Covid-19
che hanno interessato il tessuto polmonare, si è discusso della sua applicazione in contrapposizione
alla TC toracica e della Rx standard.
L’ecografia costituisce una metodica immediatamente disponibile, anche al letto del malato
mediante apparecchi portatili sempre più sofisticati, permette una velocità di esecuzione senza
necessità per il paziente di mantenere la postura per lungo tempo e, soprattutto, ne consente
l’esecuzione anche durante l’esame obiettivo del paziente evitandone il trasporto nei servizi di
radiologia.
Inoltre, l’interpretazione dei risultati è immediata in base al quesito clinico e consente l’immediata
applicazione di un protocollo terapeutico.
Diversi studi, condotti in pazienti adulti in numerosi Pronto Soccorso e in Terapia Intensiva, hanno
dimostrato che questa tecnica ha un’accuratezza diagnostica superiore all’Rx polmonare.
Le evidenze dimostrano come, durante la polmonite da Covid-19, possano essere identificate
anomalie polmonari mediante l’ecografia ancor prima delle manifestazioni cliniche e che, nei
controlli la metodica ecografica risulta maggiormente versatile e di più facile utilizzo rispetto alla
TC toracica.
Metodologia e risultati
Il paziente viene esaminato in posizione supina e seduta, le esplorazioni anteriori sono due per lato
e si effettuano sulla linea medio-clavicolare posteriormente sono tre sulla linea para-vetebrale ed in
ultimo sulla linea medio-ascellare con due valutazioni.
Le esplorazioni si effettuano con entrambe le sonde, inizialmente con la Convex, poi con la lineare.
Le lesioni si concentrano inizialmente nelle regioni dorsali e laterali per estendersi poi a quelle
anteriori. La scansione preferibile è l’obliqua intercostale, fuoco come sempre sulla linea pleurica,
Gain intermedio.
Posizionamento della sonda ecografica
Nelle forme iniziali sono visibili immagini verticali, di solito in limitate porzioni di parenchima, che
delimitano aree di polmone bianco sfumato al confine con il vicino polmone normale.
La malattia avanza estendendosi in più quadranti, tende a modificare la linea pleurica dapprima con
irregolarità contenute configurando la classica sindrome interstiziale e poi con veri e propri
consolidamenti millimetrici non aerati sub pleurici che possono ulteriormente sfociare in più
grossolani addensamenti localizzati prevalentemente nelle zone posteriori.
L’estensione a più quadranti è correlata ad un più alto indice di gravità.
L’esame si svolge ricercando alcuni segni essenziali per porre una corretta diagnosi, in
particolare Lo “sliding line” che testimonia il corretto scivolamento dei foglietti pleurici.
I valori fisiologici dello spessore pleurico sono con sonda convex di mm 1,8 e con sonda lineare di
mm 2,0 costituendo i parametri fondamentali per la diagnosi di compartecipazione pleuritica.
Presenza di linee A fisiologica in tutte le sedi di esplorazione.
Numero di linee B, patologiche, per campo.
Ecografia addominale per verificare la cupola diaframmatica in caso di versamenti.
CUS (compressione ultrasonora) sulle femorali per escludere trombosi venose.
La linea pleurica è una linea singola, iperecogena, che si muove sincrona con gli atti del respiro
(sliding), in condizioni di normalità la pleura fa da specchio e impedisce di studiare l’anatomia del
polmone.
Oltre alla linea pleurica vengono visualizzati artefatti definiti linee A e B.
Le linee A sono riverberi orizzontali della linea pleurica che si ripetono sotto la linea pleurica
caratterizzata dalla stessa spaziatura tra la sonda e la linea pleurica, queste linee sono osservate in
soggetti sani e possono essere cancellate dalle linee B o potenziate dalla presenza di un
pneumotorace.
Linea pleurica e linee A
Le linee B (Ring Down) sono immagini di riverbero verticale che partono dalla linea pleurica e si
estendono sul fondo dello schermo senza sbiadirsi, muovendosi in modo sincrono con lo
scorrimento polmonare e indicano il riempimento dei setti intralobulari o interlobulari e sono spesso
osservate nell’edema polmonare e nelle malattie polmonari interstiziali, come avviene nel Covid19.
Linee B
Da una revisione della letteratura e da esperienza personale già dalla metà del 2020, in pazienti con
polmonite da COVID-19 si sono evidenziate:
1) ispessimento della linea pleurica con irregolarità della stessa;
2) linee B in una varietà di pattern tra cui quello focale, multifocale e confluente;
3) consolidamenti in numerosi pattern: piccoli consolidamenti multifocali, non translobari e
translobari;
4) aspetto delle linee A durante la fase di guarigione;
5) raramente la presenza di versamento pleurico.
Questi quadri ecografici si sono presentati in una notevole diversità di coinvolgimento polmonare
che andava da un lieve pattern interstiziale alveolare ad uno grave bilaterale per arrivare fino al
consolidamento parenchimale focale o diffuso.
La TC toracica è stata indicata fino ad ora come il primo approccio per lo screening di pazienti
sospetti per Covid-19 e per l’esame di controllo dopo la guarigione, ma l’elevata contagiosità del
virus, unitamente al rischio di trasportare pazienti con ipossiemia e grave scompenso emodinamico
e, non ultimo, il costo elevato, hanno spesso complicato l’esecuzione e la ripetizione di tale
metodica.
L’ecografia polmonare viceversa, fornisce risultati simili alla TC toracica ma, soprattutto, superiori
all’Rx torace standard per la valutazione della polmonite e della sindrome da stress respiratorio con
i vantaggi della facilità d’uso della ripetibilità, della assenza di radiazioni e del basso costo.
Le caratteristiche dell’ecografia polmonare nella polmonite COVID-19 sono correlate allo stadio
della malattia, alla gravità delle lesioni polmonari e alle comorbilità.
Il pattern predominante è costituito da vari gradi di interessamento interstiziale e di consolidamento
alveolare e il conseguente quadro clinico è direttamente correlato alla gravità del danno polmonare.
PROGNOSI ECOGRAFICA:
negli stadi valutati ecograficamente “iniziali” il pz dovrebbe essere
trattenuto a domicilio ed eventualmente iniziata terapia medica se normossiemico anche dopo test
del cammino. La fase consolidativa invece meriterebbe il ricovero anche in presenza di SaO2
accettabili. Le alterazioni ecografiche intermedie, le più frequenti, meritano più attenzione,
sindrome interstiziale estesa, consolidamenti subpleurici coinvolgenti più quadranti suggeriscono
una valutazione ospedaliera o di essere sottoposte a controllo ecografico stretto, almeno ogni 48 ore.
CONFRONTO TRA METODICHE
Una limitazione riconosciuta dell’ecografia polmonare è il fatto di non essere in grado di rilevare
lesioni profonde all’interno del polmone poiché il polmone areato blocca la trasmissione
dell’ecografia, di conseguenza, l’anomalia parenchimale polmonare deve estendersi alla superficie
pleurica per essere visibile con l’ecografia e la TC toracica rimane insostituibile per individuare una
polmonite che non si estende alla superficie pleurica. Sulla base della esperienza personale e della
revisione di letteratura, si conclude che l’ecografia polmonare ha una grande utilità nella gestione
della polmonite da COVID-19 per la sua sicurezza, ripetibilità, assenza di radiazioni, basso costo e
facile utilizzo al letto del malato. La metodica è utile per una rapida valutazione della gravità della
polmonite da COVID 19 all’esordio e per seguirne l’evoluzione e guidarne la risposta alla terapia.
Bibliografia e immagini
http://www.technologicalminds.it/ingegneria/ecografia.html
https://www.sigg.it/assets/congressi/64-congresso-nazionale-sigg/slide/11_Lelli.pdf
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Consiglio dei Ministri. Delibera del 31 gennaio 2020. Dichiarazione dello stato di
emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie
derivanti da agenti virali trasmissibili. Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 26 del 1°
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accesso 2 aprile 2020].
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12. doi: 10.1007/s00134-020-05996-6
Pubblicato su: FLEBOLOGIAOGGI.NET NUMERO 5 - 2016
“Ecocolordoppler nella diagnosi di varici atipiche da insufficienza del plesso emorroidario e pelvico. Caso clinico.”
Autore: Dr Angelo Manciocchi
Specialista in Chirurgia Vascolare
Consulente specialista RSA San Luigi Gonzaga – Rm F- Ladispoli km 41,3
Sommario:
Parole chiave: ecodoppler, varici atipiche, congestione pelvica, emorroidi, dolore pelvico, gold standard.
Introduzione
Le sindromi varicose “classiche”, riconoscono la loro etiologia, essenzialmente, con l’insufficienza della Safena Magna. Ciò avviene per incontinenza della crosse safeno-femorale, generando la sindrome da insufficienza lunga di vena o, viceversa, del circolo superficiale, lungo il suo decorso. In tal caso si configurano i quadri essenziali di insufficienza distrettuale e locale del circolo superficiale. In entrambi i casi il quadro sintomatologico conduce alla Insufficienza Venosa Cronica che, in tale modo è stata classificata in tre stadi, ora soppiantati dalla più moderna e precisa CEAP. (1) Lungo il suo decorso, la Safena Magna emana alcuni gruppi di vene Perforanti che, unidirezionalmente, si dirigono verso il circolo profondo e che, perdendo la continenza dei loro apparati valvolari, provocano inversione di flusso e conseguente insufficienza. Le varici “atipiche” non sempre riconoscono queste forme di etiopatologia, ma possono derivare da quadri di insufficienza di altri distretti e territori. (2)
Caso clinico
Il caso clinico presentato si riferisce ad una insufficienza venosa conseguente ad incompetenza dei plessi pelvico ed emorroidario ed evidenzia come una congestione venosa del distretto pelvico ed emorroidario (figura 1), provochi una insufficienza venosa con sintomi addominali e pelvici ed incompetenza periostiale e superficiale. (3) La paziente, donna di 50 anni, giungeva alla attenzione clinica con una sintomatologia varicosa del plesso superficiale perisafenico, con presenza di una grossa varice posteriore, estesa dal terzo medio di coscia fino al plesso emorroidario interno (4). Alla anamnesi la paziente riferiva di essere in menopausa da due anni, di non fare uso di ormoni sostitutivi e di aver avuto due gravidanze in età puberale, 15 e 16 anni ed una terza a 19. La anamnesi angiologica ha evidenziato soltanto lievi disturbi locali dopo le gravidanze e la comparsa di alcune modeste varicosità, localizzate sul Circolo di Leonardo bilateralmente, accompagnate superficialmente da teleangectasie a spider, specie in prossimità del Canale di Hunter. La sintomatologia attuale, insorta da meno di due anni, evidenziava, oltre alla varicosità del ramo superficiale posteriore e del plesso emorroidario, una sensazione di pesantezza e dolenzia addominale mal descritta dalla paziente. (5) All’esame Ecocolordoppler, a cui la paziente veniva sottoposta, si rilevava una continenza dell’ostio safeno-femorale, bilateralmente, circolo profondo pervio e continente con una modesta inversione di flusso della terza perforante di Cockett a destra. Entrambe le safene esterne apparivano continenti e pervie aggettando su un ostio safeno popliteo pervio e continente bilateralmente. (6) L’esame clinico ci portava ad eseguire una mappatura della vena superficiale posteriore incontinente della gamba destra, che evidenziava una dilatazione dal terzo medio di coscia fino allo sfintere anale, dove si continuava nel plesso emorroidario. Alla esplorazione rettale, si rilevavano gavoccioli varicosi ad ore 3-4-9 con dolenzia durante la manovra. L’applicazione del modulo Power-Doppler ci consentiva di escludere la presenza di formazioni trombotiche all’interno del vaso che presentava una discreta compliance, nonostante il quadro di insufficienza. L’esame veniva approfondito con l’esplorazione, con sonda convex da 7,5 MHz, della regione pelvica e rettale. L’utilizzo del Color-Doppler e del modulo Power, ha evidenziato una corposa varice pelvica che avvolgeva completamente la porzione inferiore del corpo uterino, parte dell’annesso destro e andava approfondendosi verso il plesso rettale Tale reperto veniva confermato dalla ecografia transvaginale (7) alla quale veniva applicato l’Ecocolordoppler ed il Power (Figura 2).
Discussione
La presenza di varici del circolo superficiale di gamba, ma più spesso di coscia, non sono sempre conseguenza diretta di una insufficienza ostiale primaria o di una sindrome post trombotica.
Inoltre, la presenza di circoli collaterali atipici ed ectasici della safena, sposta l’attenzione diagnostica dal circolo safenico ad altri distretti come quelli addominale, pelvico ed emorroidario. La sintomatologia del caso presentato, ci ha condotto alla esplorazione, con Ecocolordoppler, ecografia ed ecografia TV, del plesso emorroidario e della pelvi. In entrambi i distretti, è stata rilevata una insufficienza dei plessi con dilatazione, maggiormente evidente a destra, nella porzione uterina e nell’annesso; detta varicosità si approfondiva verso il plesso emorroidario con il quale si anastomizzava, creando un circolo semichiuso e ad alta pressione venosa L’esame Ecocolordoppler evidenziava un flusso venoso costante, sufficientemente fasico con gli atti del respiro, a carico della varice pelvica e del ramo venoso che entrava in anastomosi con il plesso emorroidario. La grossa varice posteriore mostrava un flusso costante e non fasico con il respiro, l’ostio safeno femorale appariva continente bilateralmente con CUS negativa, non si apprezzavano stenosi trombotiche a carico delle iliache e della cava. L’ostio safeno popliteo risultava continente bilateralmente e negativo alla CUS del circolo della piccola safena. Il circolo profondo si presentava pervio e continente. La diagnostica con Ecocolordoppler, in luogo di AngioTC o Rmn, in questo caso di varice atipica, ha evidenziato il suo ruolo fondamentale per porre le basi di una terapia mirata che evitasse alla paziente l’intervento chirurgico, salvando in tal modo la safena. (8)
Conclusione
Le varici atipiche rappresentano per lo specialista, che deve porre una diagnosi di certezza, un problema complesso nell’ottica di una decisione terapeutica che, in ultima analisi, possa consentire di salvare la safena.
L’esame Ecocolordoppler, come dimostrato dal caso clinico (9), si impone come la migliore soluzione possibile, consentendo all’angiologo, di escludere l’insufficienza ostiale del circolo superficiale safenico e del circolo di Leonardo. L’pprofondimento, con la sonda convex da 7,5 Mhz e con la TV, del distretto pelvico, consente di porre la giusta diagnosi per un corretto approccio terapeutico.
L’Ecocolordoppler rappresenta, in conclusione, il Gold Standard nella diagnosi delle varici atipiche che non si dimostrano diretta conseguenza di una insufficienza cronica del circolo safenico.
Bibliografia
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3. Pelvic congestion syndrome: the current state of the literature.
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